"Verso un’Europa globale" di Massimo Mamberti
Il lungo cammino dell’Europa verso una forma integrata economicamente, politicamente e finanziariamente quale è l’attuale Unione Europea inizia subito dopo la seconda guerra mondiale, quando un continente distrutto e profondamente lacerato si trova ad affrontare la durissima prova della ricostruzione non solo materiale, ma anche morale e politica.
Il volano che diede l’avvia a questo lungo processo fu sicuramente la decisione adottata dagli USA di dare un forte e sostanziale aiuto a tutte le nazioni europee, vincitori e vinti, per la ricostruzione dei loro Paesi: il Piano Marshall, come fu per sintesi chiamata questa operazione di grande respiro, si protrasse per oltre tre anni dalla fine delle ostilità, e comportò aiuti materiali e finanziari per oltre 4 milioni di dollari ma, soprattutto, obbligò tutte le nazioni coinvolte ad operare in modo coordinato per la gestione di questi fondi. La prima struttura che fu creata per una gestione comune degli aiuti americani fu la OCEE (Organizzazione per la Cooperazione Economica Europea), che si sarebbe evoluta nel tempo in quella che è l’attuale OCSE.
Da questa esperienza nacque l’ispirazione di alcuni grandi statisti dell’epoca di creare delle strutture che obbligassero le principali nazioni dell’Europa occidentale a collaborare sui temi di maggiore rilevanza per il loro sviluppo. Vennero così costituite due grandi organizzazioni sovranazionali, la CECA e l’Euratom, con il compito di coordinare le politiche comuni in due materie di fondamentale interesse strategico, quello del carbone e dell’acciaio, e quello dell’energia nucleare. Ma questo era solo l’inizio di un progetto ambizioso, che avrebbe portato nel corso di soli 5 anni alla definizione di un insieme di trattati, firmati nel 1957 dai sei paesi che avevano nel 1952 costituito la CECA, che vennero definiti i TRATTATI di ROMA. Nacque così la Comunità Economica Europea, che poneva come base della sua stessa esistenza il riconoscimento da parte dei sei firmatari (Francia, Germania, Italia Olanda, Belgio e Lussemburgo) di quattro principi base: libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali tra tutti i firmatari. Sin dall’inizio, si decise di imperniare la nuova identità su alcuni principi base, che furono l’unanimità delle decisioni e l’adozione delle decisioni stesse da parte dei parlamenti nazionali, imponendo il requisito basilare che la CEE sarebbe stata un’istituzione basata sullo “stato di diritto”.
Ai sei Paesi originari si unirono, nel tempo, la Danimarca, la Gran Bretagna e l’Irlanda (1973), la Grecia (1975) il Portogallo e la Spagna (1986), l’Austria, la Finlandia e la Svezia nel 1995 e, tra il 2004 ed il 2007 altri dodici Paesi – in pratica, tutta l’Europa dell’Est – e per ultimo la Croazia nel 2013 portando il totale a 28 membri.
In questi anni la comunità di stati che fu chiamata CEE ebbe notevoli ed importanti sviluppi. Nel 1993 entrava in vigore il trattato istitutivo che ratificava il cambiamento da Comunità Economica Europea ad Unione Europea, il cosiddetto Trattato di Maastricht, che introduceva norme ed obblighi più stringenti in materia fiscale, economica e monetaria agli stati membri, cui seguirono i cosiddetti “patti di Schengen”, che ratificarono la creazione di una zona di abbattimento delle frontiere politiche tra alcuni stati aderenti (attualmente 17 sul totale dei 28).
In grande sintesi, la UE si configura come un’area di libero scambio, come un’unione monetaria e doganale, con una serie di competenze esclusive che sono state devolute dai vari stati membri alle strutture politiche, tecniche e giuridiche europee. Sono le competenze in politica commerciale, in politiche per la competizione ed il mercato interno, e la politica fiscale e monetarie, per le quali la giurisdizione europea supera e sostituisce la giurisdizione dei singoli stati..
Le istituzioni europee che godono di queste competenze, oltre a tutte le altre che, pur essendo primarie, debbono essere condivise con gli stati membri, sono state definite dal Trattato di Lisbona – che può essere definito la carta costituzionale dell’Unione – e sono le seguenti sette: il Parlamento Europeo, il Consiglio dell’Unione, il Consiglio europeo, la Commissione, la Banca Centrale Europea, la Corte Europea di Giustizia, e la Corte dei Conti Europea.
Il potere legiferante è esercitato fondamentalmente dal Parlamento, dal Consiglio dell’Unione e dalla Commissione, mentre il Consiglio Europeo è la suprema autorità politica della UE, con funzioni simili al Presidente della Repubblica in una repubblica parlamentare.
Nel corso degli ultimi dieci anni ha assunto sempre maggiore rilievo la Banca Centrale Europea, che in pratica gestisce la politica monetarie dell’Unione.
L’insieme delle competenze assunte dall’Unione Europea sono molto più ampie di quelle originarie della CEE. Basti pensare ai cosiddetti “criteri di convergenza”, che fissa dei parametri cui tutti gli stati membri debbono ottemperare.
L’Unione Europea attualmente si estende su un’area di 4,3 milioni di chilometri quadrati, con una popolazione di oltre 500 milioni di persone ed un PIL che rappresenta oltre il 26% del PIL mondiale. La sua costituzione – e quello della CEE prima di essa – ha sicuramente favorito la totale assenza di conflitti interni europei . Permangono tuttavia ancora gravi problemi, economici, politici, di stessa condivisione di politiche e di obiettivi, che dovranno necessariamente essere superati se si vuole assicurare un uguale periodo di pace e di sviluppo come gli ultimi 50 anni anche alle prossime generazioni. Molte sono le prove che dovranno essere superate, in primis la BREXIT, ma l’auspicio è che il grande sogno europeo che i Padri fondatori indicarono firmando i Trattati di Roma nel 1957 possa continuare e rafforzarsi anche nel futuro.