"1960-1980, vent’anni di discordia politica ed economica; dall’URSS alla Russia" di Massimo Mamberti
1960-1980: anni di grandissimo fermento, connotati da profondi mutamenti politici, culturali ed economici. Anni anche di grande tensione politica tra i due blocchi, con la decolonizzazione che, con la creazione di nuovi stati indipendenti, allargò lo scontro bipolare anche ai paesi del terzo mondo ed extraeuropei. La rivoluzione cubana fu il detonatore di venti di rivolta e di libertà in tutto il mondo: tuttavia portò anche ad una violenta involuzione politica soprattutto in tutto il continente latinoamericano, e sfiorò la catastrofe mondiale con la crisi dei missili russi a Cuba nel 1962.
Anni di forti tensioni anche nell’Est europeo, con tentativi di affrancamento dal sistema socialista, fortemente repressi dall’URSS; ed in Europa occidentale, con scontri sociali e la nascita di movimenti di opposizione estremisti, con punte di violenza in Italia ed in Germania (Brigate Rosse e Rote Armee Fraktion).
In Asia, la crisi vietnamita sfociò in una guerra civile sostenuta dai due blocchi contrapposti, con un fortissimo coinvolgimento americano e con l’affermazione dei VietCong, che proclamarono nel 1975 la Repubblica Popolare e la fine del regime parlamentare liberale.
Nel versante economico, il peggioramento progressivo della situazione economica americana portò alla crisi del dollaro nel 1971 e all’abbandono del sistema finanziario mondiale, imperniato sulla parità fissa dollaro/oro definito dagli accordi di Bretton Woods ed alla crisi petrolifera scatenata a seguito della guerra del Kippur nel 1973.
Con il declino della centralità del dollaro come mezzo di pagamento internazionale e la crisi economica dell’economia americana, altre economie concorrenti si rafforzarono, in primis quelle europee ed i Giappone. Il deterioramento della situazione economica mondiale colpì soprattutto i Paesi in via di sviluppo, che divennero vieppiù terreno di scontro per la conquista di materie prime e di nuovi spazi politici ed economici nel contesto della supremazia mondiale.
Gli anni 70 rappresentarono il culmine espansionistico dell’Unione Sovietica e del suo slancio egemonico. La vocazione imperialistica dell’Unione Sovietica, già mutuata dall’impero zarista, si manifestò appieno solo dopo la seconda guerra mondiale, da cui la stessa emerse come vera vincitrice con gli Stati Uniti ed impose un sistema di stati satelliti in Europa a stretta osservanza comunista. Gli anni 20 e 30 erano stati infatti quelli del consolidamento del sistema all’interno della nuova Unione, con una esposizione internazionale ancora limitata: la collettivizzazione di tutte le forme di produzione, la progressiva eliminazione di tutte le forme di proprietà privata, la centralizzazione dell’economia e la imposizione del partito unico e del primato del partito comunista furono i canoni e le priorità su cui si costruì il nuovo Paese.
I contrasti tre Unione Sovietica e l’alleanza occidentale si svilupparono immediatamente dopo la fine del secondo conflitto mondiale, con l’imposizione del sistema comunista a tutta l’Europa Orientale e la creazione di due blocchi politicamente, economicamente e militarmente contrapposti, secondo uno schema che si sarebbe protratto per oltre quarant’anni.
Gli anni 60-80 furono di aspra contrapposizione tra i due blocchi, con un fortissimo costo economico e sociale. Alla fine degli anni 70 L’URSS era un impero saturo, che non poteva più sostenere lo sforzo sia economico che politico del contrasto agli Stati Uniti. Con la morte di Breznev si scoprì un vaso di Pandora che rivelò la realtà di un paese povero, ingessato in un sistema inefficace ed incapace ad assumere reali iniziative per contrastare una crisi economica e politica irreversibile. La carta di Gorbaciov di attuare riforme e cambiamenti sostanziali – la “Perestroijka” – si rivelò velleitaria, la presa anche economica sui paesi satelliti non poté più essere mantenuta, e tutto il sistema delle repubbliche socialisti si sfaldò nel giro di pochissimi anni, e precipitò nel 1989, quando tutto il mondo socialista si disgregò sulla spinta di una scelta unilaterale di tutti gli stati satelliti verso l’indipendenza politica e l’economia di mercato. Nel 1990 la stessa Unione Sovietica annunciò al partito unico, e si sciolse definitivamente il 26 dicembre dello stesso anno. Di tutte le 15 Repubbliche che formavano l’URSS, 14 scelsero l’indipendenza, mentre la Russia restò come Stato sovrano, adottando il sistema democratico pluripartitico e la libera economia di mercato.
Dopo un lungo periodo di transizione, la Russia trovò una sua stabilità nel 2001 con l’elezione di Putin alla Presidenza della Repubblica, e riprese il suo posto tra gli stati egemoni mondiali. Negli ultimi anni tuttavia, oltre alla crisi economica che toccò anche la Russia, subentrarono altre crisi politiche internazionali, in primis quella Ucraina, che lungi dall’essere composta rappresenta ancora un elemento di forte incertezza non solo per la Russia, ma per l’intera comunità internazionale, e che dovrà necessariamente trovare una soluzione in tempi il più possibile brevi. L’Europa infatti ha bisogno di una Russia democratica ed aperta alla collaborazione internazionale, ma la stessa Russia deve necessariamente trovare un punto di raccordo con l’Europa, che rimane il vero suo riferimento culturale ed economico.